lunedì 18 luglio 2011

PREMIO BANCARELLA 2011 - IL SECONDO POSTO -


Franco Di Mare - Non chiedere perché.

Marco chiese il conto. Un marco bosniaco e mezzo. Frugò in tasca e trovò una moneta da due. Poi ci ripensò. Cercò meglio e trovò gil spiccioli esatti. Li appoggiò sul tavolo e andò via. Un marco e mezzo. Non un centesimo di più. Non avrebbe mai potuto lasciare una mancia alla madre di sua figlia.

Un inviato a Sarajevo, durante gli anni della guerra nei Balcani. Il suo lavoro è difficile. Deve documentare l’assedio feroce di una città europea per storia e vocazione; una città cosmopolita nelle usanze che, nel giro di pochi anni, si trova ad essere teatro di una guerra impensabile.
I giornalisti che viaggiano molto, gli inviati speciali che corrispondono dai paesi in guerra, conducono spesso una vita solitaria: non c’è tempo per consolidare gli affetti, per mettere radici, per coltivare una famiglia.
Marco Di Luca, protagonista di “Non chiedere perché”, non fa eccezione. Ancora giovane, è già reduce da una separazione consumata in seguito alle sue assenze.
Quando accetta di partire per la Bosnia, nel 1992, lo fa senza pensarci troppo anche perché non ha nessuno che cerchi di trattenerlo, di averlo accanto a sé.
A entrare in confidenza con la morte, respirata e conosciuta ad ogni angolo di strada, Di Luca impiegherà poco tempo, così come a farsi conoscere e rispettare dai serbi con cui entra in contatto: traduttori, professori, uomini e donne di ogni estrazione e professione.
Di Luca è bravo a confezionare rapidamente servizi televisivi nei quali racconta la vita che prosegue, nonostante tutto, nelle manifestazioni quotidiane di coraggio della gente di Sarajevo. Ma il suo lavoro, naturalmente, è anche quello di mostrare in maniera inconfutabile l'orrore che si sta consumando nel cuore del vecchio continente in mezzo all'indifferenza generale e all'inanità delle Nazioni Unite.
Un giorno, una granata cade viene sparata su di un orfanotrofio.
In mezzo ai bambini, fortunatamente tutti sopravvissuti, ce n’è una che attira immediatamente l’attenzione di Marco: è Malina, di dieci mesi, unica bimba dai capelli scuri in mezzo a molti caschetti e capelli chiari.
In un gesto spontaneo di Malina, che gli cinge la testa con il braccino, Marco vede una richiesta e un appello, e a questo appello risponde con una promessa: farà di tutto per avere in affido, e possibilmente adottare, questa bambina sfortunata.
Gli ostacoli, naturalmente, non mancano: e prima ancora delle difficoltà oggettive che la guerra impone ogni giorno a chi debba farsi strada tra le scheggie che solleva, a impensierire il giornalista sono i suoi stessi dubbi. Perché proprio quella bambina, e non un altro, fra i tanti che all’orfanotrofio mostrano di aver bisogno di una famiglia, di qualcuno che si prenda cura di loro? Nonostante tutto, però, Di Luca va avanti a testa bassa, mobilitando nella sua crociata personale amici e colleghi, e trovando risorse inaspettate a tutti i livelli, tra istituzioni e persone che a vario titolo si spendono per rendere la vita un po’ meno drammatica ai bosniaci.


Fra i personaggi che affollano le pagine del libro di Franco Di Mare – la cui storia vera è appena dissimulata nel libro dai nomi, che sono inventati – ci sono coraggiose giornaliste tedesche, presidentesse di associazioni per la tutela dei diritti dei bambini, operatori televisivi e persone la cui storia è comunque segnata dall'esperienza della guerra, che così come distrugge le vite puo' rinsaldare i rapporti d'amicizia o farne nascere di nuovi.

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