mercoledì 16 novembre 2011

Inchiesta su Uriele, l'arcangelo scomparso

Un libro che racconta degli angeli nella tradizione ebraica e cristiana

di Alfonso Maraffa

UDINE, martedì, 15 novembre 2011 (ZENIT.org) - Le edizioni Segno di Udine proprio in questi giorni hanno fatto arrivare in tutte le librerie cattoliche il libro Inchiesta su Uriele. L’arcangelo scomparso. Gli autori di questo libro sono un sacerdote salernitano don Marcello Stanzione ed un avvocato avellinese il dottor Carmine Alvino accumunati da un grande amore agli angeli e che da anni cercano di diffondere tra i cattolici la vera devozione cristiana agli spiriti celesti e quindi far chiarezza su un tema dove la New Age, l’esoterismo, l’occultismo e la cabala ebraica creano grande confusione tra gli stessi fedeli praticanti delle nostre parrocchie.

Gli autori erano alquanto dubbiosi di stampare in un libro le loro considerazioni su l’angelo Uriele perché essendo un nome di angelo usato oggi prevalentemente in pubblicazioni acattoliche o addirittura anticattoliche temevano grandemente di essere equivocati e quindi di creare anch’essi, pur non volendolo assolutamente, ulteriore confusione.

Gli autori si sono decisi a stampare questo loro libro di taglio assai divulgativo su Uriele quando sabato 16 aprile 2011 acquistando il quotidiano della Santa Sede, L’Osservatore Romano, con loro grande stupore hanno trovato in prima pagina una immagine dei quattro Arcangeli e quindi pure una dell’Arcangelo Uriel (che poi hanno scelto come immagine di copertina). Il giornale vaticano proprio partendo da quell’immagine di Uriel faceva gli auguri “Ad multos annos” a sua Santità Benedetto XVI che in quel giorno festeggiava il suo compleanno.

Il quotidiano ufficiale della Santa Sede così testualmente scriveva: “ Dio è la mia luce: questo significa Uriel, il nome assegnato al quarto arcangelo da antiche tradizioni ebraiche, presenti soprattutto nel ciclo di Esdra e in quello apocrifo di Enoch, riprese tra l’altro dal cristianesimo etiopico. E proprio con una immagine tradizionale etiopica degli arcangeli, che mostrano e incensano la croce di Cristo, l’Osservatore Romano rivolge a Benedetto XVI gli auguri più affettuosi per l’ottantaquattresimo compleanno”. Anche gli autori partendo da questa immagine augurano a tutti i lettori del loro opuscolo divulgativo di essere come gli angeli santi di Dio al servizio di Cristo e degli uomini nella Santa Chiesa Cattolica.

Il libro di don Stanzione e di Alvino tratta dei nomi degli angeli, di Uriele nella tradizione angelologica ebraica e cristiana, della dimensione degli angeli nel cristianesimo primitivo ed infine di Uriele nella letteratura e nelle rappresentazioni artistiche.

Per acquistare il libro:

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Meno male che Cristo c'è



Padre Gheddo spiega perché il Vangelo è motore di sviluppo?

di Piero Gheddo

ROMA, lunedì, 14 novembre 2011 (ZENIT.org).- Dall’inizio di novembre è in libreria il volume “Meno male che Cristo c’è” (Editrice Lindau, Torino, pagg. 330), scritto in collaborazione con Gerolamo Fazzini, che mi ha provocato con le sue domande. La tesi è nel sottotitolo: ”Vangelo, sviluppo e felicità dell’uomo”, come sostengo da almeno 50 anni. Negli anni sessanta e poi in seguito, visitando le missioni in paesi poveri, sentivo spesso ripetere da missionari, fratelli e suore: “Qui ci vorrebbe il Vangelo” e mi spiegavano perché. Il beato Clemente Vismara scriveva: “Qui c’è da rifare tutto l’uomo”.

Tornando poi in Italia, scoprivo che la tesi dominante era l’opposto. La responsabilità della miseria imperante fra i diseredati della terra era quasi tutta attribuita all’Occidente cristiano: colonizzazione, multinazionali, rapina delle materie prime, debito estero, ecc. E scrivevo, fin dall’inizio degli anni sessanta, che la radice della fame e della miseria è soprattutto interna ai singoli popoli: mancanza di istruzione, di libertà e soprattutto di Vangelo. Insomma: il primo aiuto che possiamo dare ai popoli poveri è il Vangelo, i missionari sono i primi promotori di sviluppo perchè anzitutto e soprattutto annunziano Gesù Cristo, come ha scritto Benedetto XVI nella “Caritas in Veritate” (nn. 8, 11, 13, 16-18, 78). Poi fanno anche tutte le opere di carità e di promozione umana, ma se manca il Vangelo manca la radice dello sviluppo autentico, che cambia il cuore dell’uomo e la società in cui vive.

“Meno male che Cristo c’è” dimostra la verità storica e attuale di questa lettura non ideologica ma esperienziale: solo lo sviluppo secondo il Vangelo è autenticamente umano. Su “Il Nostro Tempo”, settimanale cattolico di Torino, trovo l’articolo di don Mario Prastaro, sacerdote diocesano torinese “fidei donum” missionario in Kenya, che dimostra con la sua esperienza la verità di questa tesi (“La Buona Novella agli ultimi”, N.T. del 6 novembre 2011).

Don Mario scrive: “Quando ero in vacanza in Italia, spesso mi chiedevano cosa facciamo di bello per i nostri Samburu…e si aspettavano la lunga lista di opere caritative: costruzioni, pozzi, scuole, bambini malnutriti, progetti sanitari… Mi sembra che non colgano la vera essenza della missione, che è anzitutto annunziare il Vangelo, e che in fondo esprimano un’idea di sviluppo che non è corretta… Ecco cosa oggi mi appare di una evidenza lampante: la vera via per lo sviluppo è il Vangelo, ciò che veramente trasformerà il mondo rendendolo un luogo migliore sarà solo e soltanto il Vangelo, perché la forza dello sviluppo è la fede in Gesù. Io questo l’ho visto con i miei occhi”.

E poi don Mario continua: “Se è vero che il mondo è quello che è a causa del peccato, e se è vero che il peccato ha iniziato a rovinare il mondo fin dai suoi inizi, allora vuol dire che il mondo potrà essere diverso nella misura in cui ogni singola persona inizierà un cammino diverso da quello iniziato da Adamo ed Eva”. In altre parole, i missionari sono chiamati a “innestare il vero cambiamento nella vita dei poveri…. che non è principalmente di carattere materiale, poiché solo un cuore e una mente nuova, anche in situazioni disperate, possono produrre una vita nuova e diversa. Solo il Vangelo può innestare veri e duraturi processi di sviluppo”.

E racconta la sua esperienza: “Spesso agenzie di sviluppo si sono presentate nella nostra zona proponendo il loro progetto di sviluppo e, per convincere la gente, facevano riferimento ad un tenore di vita più alto e comodo e ai vantaggi materiali che ciascuno ne avrebbe avuto. Queste agenzie di sviluppo hanno realizzato il loro progetto mobilitando e coinvolgendo le comunità, hanno fatto arrivare alla base i loro cospicui fondi con onestà e trasparenza… Un mese dopo la loro partenza, la comunità era praticamente allo stesso punto di prima… L’errore non era di carattere tecnico, ma vi era una debolezza di fondo che vanificava tutto il corretto processo e stava nelle motivazioni di fondo che avevano spinto la comunità ad accettare la realizzazione del progetto. La debolezza di fondo sta nel pensare che quanto mi viene proposto porta a me vantaggio qui e ora, che mi permette di godere di un temporaneo benessere. Ma alla fine tale motivazione non mi ha fatto cambiare il mio modo di guardare alla vita, la mia scala di valori, il senso che do alle cose che faccio, il modo in cui mi rapporto con gli altri e affronto le inevitabili difficoltà; mi ha semplicemente offerto una tecnica per avere un vantaggio materiale qui e adesso… Il Vangelo, poiché richiama alla conversione, è in grado di innestare processi di sviluppo di tutt’altra natura, poichè mette anzitutto in discussione il mio modo di rapportarmi a Dio, agli altri e al creato. Mi invita a non vivere autocentrato, ma a guardare agli altri con gli occhi e il cuore dell’amore…

“L’amore è l’essenza ultima del messaggio del Vangelo ed è l’essenza stessa di Dio… Nel momento in cui il Vangelo viene annunciato e viene accolto, la persona si apre all’amore: ecco, in questo preciso momento si innesca un processo irreversibile e fortissimo di sviluppo. La persona è diversa, ha trovato in sé una nuova motivazione e una forza che prima era celata non si sa dove e ora è in grado di mettersi in movimento con quella tenacia e pazienza del contadino che sempre porta ad un raccolto abbondante. C’è di più, nel momento in cui faccio l’esperienza di essere amato, e solo Dio mi ama veramente e perfettamente, ritrovo la mia dignità e la dignità di ogni persona che è vicino a me. Ridare dignità alle persone è uno dei grandi frutti dell’evangelizzazione e dell’azione missionaria. E quando ad una persona è ridata la sua dignità, anche nella sua estrema povertà inizia a vivere diversamente e dunque mette ancora una volta in moto un processo di sviluppo….”.

Don Mario continua in questo racconto della sua esperienza. L’augurio è che i molti missionari e missionarie italiani che annunziano la Buona Novella del Vangelo in ogni parte del mondo seguano il suo esempio e diano testimonianza in Italia della loro esperienza di evangelizzatori. Anche per “dare una mano” alla “nuova evangelizzazione” del nostro popolo italiano: per uscire dalla multiforme crisi in cui si dibatte il nostro paese (economica, politica, occupazionale, mancanza di speranza e di ideali, famiglie che si sfasciano, scuole che informano ma non educano, ecc.), la prima ricetta è che dobbiamo tutti ritornare a Gesù Cristo e ad una vita secondo il suo Vangelo.

venerdì 4 novembre 2011

Alluvione Borghetto Vara Appello della Coop Sociale Gulliver

Bellissima iniziativa di sostegno....vai qui per saperne di più:
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SII BELLA E STAI ZITTA di Michela Marzano

Mi sembra interessante e significativo proporre alla lettura il nuovo libro della filosofa Michela Marzano. Professore associato all’Università di Parigi, Paris Descartes, autrice di numerosi saggi e articoli di filosofia morale e politica, ha già pubblicato, per Mondadori, “Estensione del dominio della manipolazione” (2009). Il Settimanale “Le Nouvel Observateur” l’ha inclusa nella lista dei cinquanta pensatori oggi più influenti in Francia, indicandola come una degli otto trentenni che riflettono in modo nuovo sui problemi della società di oggi. Collabora con “La Repubblica”.
Il suo ultimo libro, “SII BELLA E STAI ZITTA” è un’attualissima analisi della condizione femminile nel nostro paese.
“Questo libro è un atto di resistenza” scrive la stessa Marzano.
“Di fronte alle offese e alle umiliazioni che subiscono oggi le donne in Italia, ho sentito il dovere di abbandonare la torre d’avorio in cui si trincerano spesso gli intellettuali per spiegare le dinamiche di oppressione che imprigionano la donna italiana”. In un contesto culturale in cui le donne sembrano contare solo per come appaiono e sono più o meno costrette ad emulare un unico, pervasivo modello di riferimento, quello delle veline , la scrittrice propone all’attenzione del pubblico un’accurata analisi al femminile ben più profonda e significativa di quella a cui siamo abituati dopo anni di tv e “cultura” commerciale.
Affronta problematiche che scuotono e, spesso, devastano la società di oggi. Anoressia e bulimia, automutilazioni e numerosi altri sintomi della profonda “emorragia identitaria” che ha investito e interessa tuttora il corpo femminile.
È giunto il momento, per le donne, di riaffermare la propria specificità e ripartire da ciò che Jean-Jacques Rousseau scriveva, due secoli fa, a proposito dell’esistenza, nella donna, di una particolare capacità di “indignazione morale” che sta all’origine della civiltà. Se le donne non reagiscono, il crepuscolo della loro dignità è destinato a coincidere con il crepuscolo della democrazia.
Michela Marzano illustra, in questo libro appassionante, le coordinate attorno alle quali sviluppare una nuova e più feconda riflessione sull’identità della donna contemporanea affrontando anche il tema della maternità, il problema di conciliare la gestione dei figli e la vita professionale, sottolineando, ad esempio, l’inadempienza dello stato italiano sui diritti delle donne in generale e delle mamme in particolare. Propone infine un’interessante riflessione sull’adolescenza che può essere di stimolo a tutti gli educatori.
Questo libro rappresenta un ulteriore motivo di riflessione perché arriva in un momento in cui l’unica urgenza, in Italia, sembra essere lo sforzo continuo di mettere a tacere ogni voce dissonante. Invece di misure concrete per superare la grave crisi sociale ed economica, ma prima di tutto etica, in atto, ci si preoccupa invece di intercettazioni o di limitare la libertà di espressione sul web.
Se però riteniamo che l’altro, con le sue specificità e differenze, è pur sempre il nostro prossimo, allora bisogna …fare ogni sforzo per cercare la mediazione e l’incontro in qualunque ambito della nostra quotidianità. Rifiutando decisamente di stare zitti. Federica Storace